Review 1
Anche la gente triste è come le stagioni
Pallido dentro l'immancabile camicia scura, Robin Proper-Sheppard
pare avere quella faccia da personaggio malinconico di un Sean Penn
giovane. Da vicino rivela pure quelle due tre cicatrici che rendono
il suo viso assolutamente convincente (e seducente) anche quando canta
una canzone triste dietro l'altra, e tu lì in piedi nel fumo
e nel caldo del Container ti dici che non può essere sempre
così, che bisogna pur trovare un motivo.
Però intanto dondoli la testa e ti piace. Dentro quei are you
happy now? e is it any wonder that to me love has no meaning ripetuti
allo sfinimento forse ritrovi qualcosa che conosci.
E se funziona con te (che certo non risparmi mai cinismo e superficialità),
vuol proprio dire che questa sera i Sophia possono fare strage di
cuori. E così è, con tanto di ragazzine innamorate nella
fila dietro che tentano impossibili traduzioni e pestano i piedi come
davanti a Robbie Williams.
Lui, effettivamente, tra un pezzo e l'altro riusciva simpatico, e
pure con una certa modestia, quando ad esempio non sembrava proprio
capace di accordare la chitarra, o raccontava di una vecchia storia
d'amore finita (guarda caso) male che gli aveva ispirato una canzone.
Il concerto è stato un equilibrato alternarsi di prevedibili
passaggi dolenti ad altri tirati in maniera sorprendente, dove il
suono finalmente si scaricava rabbioso, come in certe code di brani
che invocavano un'impossibile quiete.
Ma l'apice è stato raggiunto con il doppio strepitoso finale
di The River Song e If A Change Is Gonna Come: una vera mattanza.
Rumoroso e torrenziale, il tormento delle chitarre forse non diceva
nulla di nuovo dal punto di vista musicale (notavano i soliti) ma,
per come eravamo stati trasportati fin lì, era sinceramente
capace di emozionare e lasciare a bocca aperta, e con le guance in
fiamme.
Pleonastico, a quel punto, la terza uscita di Proper-Sheppard per
sola chitarra e voce. Ma resta una mia opinione, evidentemente non
condivisa dal pubblico letteralmente rapito e acclamante.
Polaroid.blogspot.com
Review 2
Eccomi emozionato e teso, entrare nel Container, caldo come un forno
(nessun tipo di aerazione!!), per assistere al concerto di una delle
mie band preferite: i Sophia di Robin Propper-Sheppard, ex leader
degli storici God Machine, ora anima indiscussa di questa formazione
che, come poche altre, sa far vibrare le corde dei sentimenti più
tesi e nascosti dell'animo umano, con liriche e intrecci di chitarra
deliziosi e malinconici.
I Sophia si presentano su di un minuscolo palco, che a stento li contiene,
ed iniziano a snocciolare le perle, in forma-canzone,
contenute nella loro ultima fatica "People are like Seasons";
ad iniziare dal singolo "Oh My Love" che infiamma il pubblico
stipato sotto il palco, proseguendo con "Fool", la mia preferita
del disco, e con la delicata "Another Trauma".
Ma la scaletta prevede anche forti richiami a brani dei precedenti
lavori come "Every Day" o "Woman", contenute in
"The Infinite Circle", o "So Slow" e "Are
you Happy Now?", che erano del loro album d'esordio "Fixed
Water".
Robin, tra un pezzo e l'altro, scherza e chiacchiera volentieri con
i suoi fans, coadiuvato da una robusta e precisa band, che esalta
i brani in versione live, e li rende, se possibile, ancor più
sofferti e vivi, carichi d'intensità magnetica e catartica.
Ma il meglio del concerto arriva con "the Sea", interpretata
e dilungata nella sua cadenza ipnotica, e con "I Left You",
superba nella sua limpidezza glaciale.
La parte finale del concerto spiazza molti, ormai assuefatti alle
dolci ballate "sophiane", quando le chitarre (diventate
tre) distorte e violente iniziano a suonare le epiche note di "The
River Song", una furia selvaggia come un fiume in piena, e le
altrettanto impetuose note di "If a Change is Gonna Come"
dal testo schietto e diretto, come un pugno in faccia ben assestato!
Robin poi si ripresenta sul palco da solo, per un'ulteriore perla
donata ai tanti fans accorsi a Bologna, e ormai allo stremo: una versione
solo chitarra e voce di "Is It Any Wonder", meravigliosamente
languida nella sua malinconia disillusa e quasi leopardiana.
In attesa di rivederli in Italia, per un loro annunciato ritorno sulle
scene in autunno, i Sophia si confermano come una delle formazioni
più vere e intelligenti della scena (ahimè) povera e
ripetitiva del rock contemporaneo..
Luigi Anania, www.mescalina.it
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