Review 1
Sette anni dopo. Tanti ne sono passati da quando per la prima
volta Robin Proper-Sheppard arrivò in Italia alla guida del
suo progetto post-God Machine.
Prologo.
Una delle formazioni seminali della scorsa decade, era stata fondata
a San Diego nel 1990 dallo stesso artista, con gli amici Jimmy Fernandez
e Ron Austin (più un quarto uomo - Albert Amman rimasto
nellombra e presente nellembrionale versione a nome Society
Line). Un debutto (Scenes From the Second Storey) lungo 80 minuti
e ricco di sperimentazioni, voci eteree, metal rigoroso, il tutto
rarefatto dalle dilanianti atmosfere drone. Lanno dopo quando
il secondo lavoro è ormai pronto, i God Machine debbono tragicamente
mettere fine alla loro carriera. Il bassista Jimmy Fernandez infatti
si arrende ad un tumore al cervello (1994). Sheppard e Austin (giustamente)
decidono di non proseguire, dedicando One Last Laugh in a Place of
Dying allamico scomparso. Sheppard fonda letichetta Flower
Shop (dove incidono anche i sottovalutati Swervedriver) prima di dar
vita ai Sophia.
Si comincia.
Seppur segnato da una giornata di pioggia e collocato nellapatico
giorno domenicale, il concerto richiama moltissima gente, il Blackout
è infatti praticamente sold out, nel momento in cui a rompere
gli indugi ci pensa il quartetto romano degli Infinito. Quasi unora
di esibizione che vive i suoi momenti migliori, quando le trame oscure
ed evocative (siamo idealmente agli inizi degli anni 80 immersi
nel post punk/wave) si lasciano andare ad ossessive e diluite parti
strumentali.
Le stagioni di Sheppard.
I Sophia entrano accompagnati da un lungo applauso, che si ripeterà
più volte (soprattutto verso il finale) anche se alcuni problemi
tecnici da addebitare alle maestranze del club, ci svelano uno Proper-Sheppard
più simpatico del previsto.
Tra album dai quali pescare, soprattutto dallultimo ottimo People
Are Like Seasons, brani quali Oh My Love (primo singolo), Fool, Desert
Song No.2 ne dipingono infatti tutto il suo valore. La chitarra acustica
ed un identificabile songwriting sognante e dreamy (American Music
Club, Built To Spill, Idaho, possono essere indiscutibili paragoni
di confronto) stagliano il deus ex machina come leader indiscusso,
coadiuvato comunque da basso, chitarra elettrica, batteria essenziale
ma efficacissima e piano (nella totalità vestiti di nero come
appaiono nel video clip di Oh My Love).
Intrattiene il pubblico quando i già citati problemi tecnici,
scariche di feedback rendono impossibile linizio di 2-3 pezzi,
non consentono a Sheppard di avere il proprio ritorno.
Ricorda ad un certo punto la sua prima calata a Roma (sette anni fa)
aiutato da tale Mario di Just Like Heaven al quale dedica
un brano. Scorrono Are You Happy Now (da Fixed Water), If Only e Woman
(dal secondo The Infinite Circle) poi il commiato (a cui ormai nessuno
crede più nel mondo!) e quando tornano dopo qualche minuto,
Sheppard ci regala un altro siparietto: molti gruppi a questo
punto fanno un brano in più, alcuni ne fanno due, le grandi
band tre
ma noi ne faremo quattro!.
Gli ultimi due valgono il prezzo del biglietto, qualche scroscio dacqua
preso sullultimo paio di jeans decenti, venti minuti di girotondo
a cercare un posto auto ed una schiena indolenzita dopo tre ore passate
in piedi.
E la parte noise, allucinante, lancinante (il pianista imbraccia
una chitarra elettrica con tanto di archetto per tagliare ancor di
più il muro sonoro) e deflagrante (If A Change Is Gonna Come
chiude lo show) durante la quale non resta che reclinare il capo ed
assorbire tutta lenergia.
Siamo soli. Finalmente.
Emanuele Tamagnini (Nerds Attack!, www.musicaroma.it)
Review 2
In una fredda e piovosa serata di Aprile, circa 450 persone hanno
affollato il Black Out per assistere all'ennesimo grande concerto
dei Sophia di Robin Proper Sheppard, che ha entusiasmato il pubblico
proponendo un set che è iniziato dolcemente per lasciare spazio
a divagazioni chitarristiche decisamente rumorose e piene d'intensità.
L'inizio, come detto tranquillo, è con "Are you happy
now", e lascia intendere il solito spettacolo dei Sophia, abbastanza
quieto. Nulla di più sbagliato. Il volume si alza, e le chitarre
si sentono, tanto da avere notevoli problemi con la ragazza che sta
al mixer, in palese difficoltà per questa alternanza di suoni
soft e hard. Robin è costretto addirittura ad interrompere
un paio di volte le canzoni all'inizio, ed alla fine di dover chiedere
di eliminare del tutto il feedback, visto il fischiare degli amplificatori.
Comunque sia lo show è stato riuscitissimo e la rivisitazione
in chiave elettrica dei vecchi successi è particolarmente riuscita.
Anche il nuovo album viene proposto, senza eccedere, alternato con
i brani più belli dell'album "De nachte".
Emozionante e coinvolgente, i Sophia potrebbero essere ascoltati all'infinito.
www.pogopop.it
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