Review
"L'Hiroshima Mon Amour aveva già preannunciato da mesi
questa data dei Sophia. Facile dunque immaginare un locale stipato
nella sua interezza, anche in merito ai consensi che gravitano attorno
all'ultimo lavoro della band, "People Are Llike Seasons"
datato inizio 2004. E così è stato.
Diciamo però sin d'ora che la vera sorpresa dell'evento sarà
il gruppo di supporto (l'interesse era alimentato sia dal nome che
già circolava insistente sulla carta stampata, sia da alcune
recensioni positive in suddetti ambiti), tali "Girls in Hawaii",
formazione belga promettente e dal potenziale artistico in forte evidenza.
La giovanissima età dei componenti non può che far ben
sperare, ma intanto la loro sapiente mistura di influenze quali Grandaddy,
gli stessi belgi dEUS, e qualche incursione psichedelica degna dei
Motorpsycho non sfigura affatto di fronte ad un pubblico esigente
che divertito applaude la performance, caratterizzata da una padronanza
scenica invidiabile e da una scaletta improntata sulle note dell'
esordio discografico "From Here to there". Davvero una bella
rivelazione (o conferma?).
Il sapore che i Girls in Hawaii ci lasciano dopo la loro esibizione
è un felice connubio di eccitazione e malinconia, quasi non
ne avessimo avuto abbastanza, ma è una sensazione furtiva:
giusto il tempo del consueto soundcheck ed ecco i Sophia, capitanati
dal "gigante buono" Robin Proper Sheppard. E' subito ora
di "classici", come "So Slow" , che apre le danze,
ma qualcosa non va come dovrebbe: anzitutto, problemi tecnici abbastanza
consistenti non permettono una resa sonora adeguata, così da
non percepire i fraseggi del chitarrista della band e alimentando
quella fastidiosa insufficienza sonora che non renderà giustizia
ai pezzi della setlist.
L'impaccio tecnico persiste fino a metà concerto, nel frattempo
i Sophia snocciolano le migliori ballate del loro repertorio, soprattutto
estrapolando da "People are like seasons" ("Swept back",
"Fool"), così da immergere il concerto, sin da subito,
in quell'atmosfera eterea tanto cara ai fans devoti al progetto dell'ex
God Machine. Ma proprio Robin Proper-Sheppard ha deluso parzialmente
le aspettative: la freddezza con cui esprime la malinconica onda sonora
dei Sophia è lampante (complice una band che in alcuni momenti
pare essere estranea a ciò che sta effettivamente suonando),
facendo passare i minuti quasi come fossero pura routine, ovvia e
stanca attività lavorativa.
Questo ha pesato molto sull'andamento della performance, sofferente
da un certo punto di vista espressivo (la reiterazione continua di
taluni schemi, nelle canzoni dei Sophia, si fa sentire oltremodo,
facendo riscontrare anche alcune pecche compositive, dissimulate nella
dimensione su disco). A risollevare le sorti di uno spettacolo a tratti
veramente statico, alcune perle di stampo "Sophia" ("if
Only", la sognante "The Sea" o, impetuose nella loro
maestosità, "Desert song no. 2" e "The river
song"), degnamente immortalate in studio ma spente nel contesto
live, controsenso non da poco, visto che la poetica del progetto di
Sheppard si fonda sull'emotività pura, sul trascinamento epico
dei sentimenti, sull'enfasi delle sensazioni narrate dall'abile penna
del buon Robin.
Difficile ammetterlo, visto che ci troviamo al cospetto di un personaggio
(il suddetto frontman dei Sophia) che da anni calca i palcoscenici
e che quindi merita il massimo rispetto, ma è indubbio che
questa sera si sia svolto un po' tutto all'insegna della dicitura
"For fans only".
Giovanni Coialbu, www.unmute.net
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