Sophia - Apr. 16 '07: La Casa 139, Milan (IT) |
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list I Left You Swept Back (extended) Where Are You Now Pace Oh my Love Big City Riot (full band version) Ship in the Sand Desert Song no. 2 Every Day Lost (She Believed in Angels) Within Without The River Song --- So Slow The Sea Review 1 Lunedì 16 aprile. Pomeriggio. Scorro annoiato le pagine di internet alla ricerca di un ritorno alla vita normale dopo dieci giorni di fuga dal mondo. Non mi aspetto niente da quello che mi passa rapido davanti agli occhi. Errore, devo subito ricredermi. Scopro che alla Casa 139 suoneranno la sera i Sophia di Robin Proper-Sheppard. Ho conosciuto questo gruppo con il loro ultimo album “Technology won’t save us”. Una sorpresa veramente gradita. Due cd, il primo è l’album vero e proprio, il secondo una raccolta di sei pezzi acustici. Non starò qui a parlarvi della bellezza di questo lavoro (magari in futuro); ora voglio raccontarvi la bella esperienza di lunedì sera. Riesco a portare con me un caro amico e insieme si parte carichi di curiosità per quello che ci aspetta. Inizio concerto ore nove. Arrivati al locale la prima sorpresa: il concerto comincia per le dieci, dieci e mezza (noi da bravi scolari eravamo arrivati alle otto). Non ci resta di meglio da fare che incamminarci in una lunga passeggiata per via Quaranta (non proprio il posto più bello di Milano). Ritenuti sufficienti sia la quantità di passi fatti sia la quantità di birra ingurgitata, entriamo dentro il locale. Nessuno di noi due era mai stato alla Casa 139. Il posto è piccolo, ma accogliente. Saremo, esagerando, un centinaio. Dopo poca attesa i Sophia salgono sul palco, formazione al gran completo. Si parte con pezzi un po’ più soft. “I left you” e “Oh my love” (entrambe tratte dal penultimo album “People are like seasons” ed entrambe in versione acustica nel bonus cd di cui si è già detto) sono i pezzi d’apertura. Subito ci si immerge in una dimensione molto più intima. Il locale piccolo, la gente completamente coinvolta da quello che sta succedendo, mi permettono di godere a pieno dello spettacolo a cui sto assistendo. Intanto le canzoni vanno avanti. Ai vecchi brani si affiancano quelli nuovi. Si passa dalla voglia di saltare di “Pace”, ad atmosfere più cupe e tristi con “Big City Rot” e “Where Are You Now”. La band è molto affiatata (e si sente), mentre gli unici rapporti di Robin con il pubblico sono dei grazie alla fine di ogni canzone pronunciati in un italiano quasi perfetto. Durante l’esecuzione di alcuni pezzi il livello si alza improvvisamente con epiloghi strumentali che tolgono il fiato. Su tutte, secondo me, si eleva una stupenda “Desert song no. 2”: da pelle d’oca. C’è ancora spazio per un po’ di canzoni. Alcune non le conosco, altre sono tratte dagli ultimi due album. Specialmente dall’ultimo voglio menzionare due pezzi veramente belli: “Lost (She Believed in Angels…) e “P.1 / P.2 (Cherry Trees and Debt Collectors). Dopo più di un’ora e mezza di ottima musica il concerto finisce. Tornando a casa sono tanti i pensieri che mi passano per la testa. Da un lato provo una strana sensazione di felicità mista a serenità, dall’altro, però, tante domande affollano la mia mente. Com’è possibile che un gruppo come loro venga a suonare a Milano e solo in cento vadano a sentirlo? Come mai veniamo invasi da schifezze che ci vengono quasi imposte dall’alto, mentre è pieno di gruppi come i Sophia che fanno la loro musica (bella aggiungo io) e circolano in modo semi-clandestino? Fortunatamente il ricordo del concerto appena finito scaccia i cattivi pensieri e posso godermi il ritorno a casa con una bella chiacchierata e un’altra bell’esperienza alle spalle. Gianluca Marra, 27.04.2007, www.nokoss.net Review 2 L’ultima volta che ho avuto occasione di ascoltare i Sophia dal vivo è stato all’incirca 2 anni fa, ad Urbino, in occasione del festival di Frequenze Disturbate: Robin Proper-Sheppard era solo, senza band e con un trio di violoncelliste. Nonostante il palpabile pathos dovuto alla tipologia dell’esibizione e nonostante i pezzi non fossero propriamente 'gioiosi', ricordo sul palco un uomo vero e proprio entertainer, capriccioso quanto basta tanto da interrompere a metà il primo brano del live "Perché quella canzone non ho voglia di suonarla", e ricordo anche le continue battute che introducevano i brani e che scandivano l’andamento del concerto. In occasione dell’uscita del quinto album 'Technology Won’t Save Us', il signor Sheppard non è da solo, ma accompagnato da tutta una band. Quello che subito si nota, a differenza del 'nostro precedente incontro', è una sua limitata interazione, eccetto qualche grazie perfettamente pronunciato, con il pubblico: nell’aria si avverte una grande concentrazione ed un affiatato confronto con il resto del gruppo, come se Robin avesse voluto mettere da parte il proprio ego per trasmettere al meglio la completezza dell’esecuzione e la fusione tra la sua voce, la sua chitarra e gli strumenti degli altri cinque componenti. Il pubblico italiano si è sempre dimostrato molto affettuoso nei confronti dei Sophia ed anche questa sera, sebbene dall’altra parte della città ci sia un evento ben più cool (Settlefish + Maximo Park @ Mtv Brand New Night), è molto numeroso e subito va in visibilio, cantando a memoria ogni parola, sin dal primo brano che è 'I Left You'. Segue 'Oh My Love', altro pezzo molto apprezzato, tratto da 'People Are Like Seasons'. Accanto all’esecuzione di brani storici ben si delineano i validissimi pezzi dall’ultimo lavoro: ne danno l’esempio 'Pace', 'Where Are You Now', 'Weightless' e 'Big City Riot'. Le parole sì, sono poche, ma la musica, ed è evidente, c’è davvero: la potenza con cui suonano i Sophia, e non solo Sheppard, è sorprendente: i momenti strumentali che, in crescendo, accompagnano i vari brani lasciano spesso senza parole e con un accenno di pelle d’oca sulle braccia. Ci vorrebbero senz’altro più band come loro: con sincerità portano avanti, senza tanti fronzoli, una carriera che prosegue da diversi anni; e l’avere con loro uno degli autori più sensibili e capaci ne fa certamente uno dei gruppi più dignitosi attualmente in circolazione. Sabrina Patilli, indie-rock.it |